Conclusione del contributo svizzero all’allargamento a favore di Bulgaria e Romania


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Comunicato stampa, 20.01.2020

Per dieci anni la Svizzera ha offerto sostegno a Bulgaria e Romania, che hanno aderito all’Unione europea (UE) nel 2007, stanziando complessivamente 257 milioni di franchi. Con questo contributo ha concorso a ridurre le disparità economiche e sociali in Europa e all’interno dei due Paesi. I risultati dei 93 progetti conclusi a dicembre del 2019 sono soddisfacenti. La cooperazione giova alla stabilità nel continente e rientra anche nell’interesse della Svizzera.

Studenti di una scuola professionale all’opera in un laboratorio
Studenti della scuola professionale Henry Ford di Sofia © DSC

Aumentare la sicurezza pubblica e sociale, rafforzare la società civile, proteggere l’ambiente, promuovere la crescita economica e migliorare le condizioni di lavoro: il contributo svizzero all’allargamento in Bulgaria e Romania ha concorso al raggiungimento di questi obiettivi. Di seguito alcuni esempi.

• La promozione dell’efficienza energetica e delle energie rinnovabili e il potenziamento dei trasporti pubblici hanno rappresentato una priorità dell’orientamento dei progetti, che hanno permesso alla Romania di ridurre le proprie emissioni di CO2 di 7000 tonnellate all’anno.
• Grazie ai progetti della Svizzera, circa 70 000 Rom hanno ottenuto un migliore accesso a istituti formativi e sanitari.
• Circa 500 PMI rumene hanno ricevuto crediti che hanno permesso loro di creare o mantenere 3000 posti di lavoro. Un’ottantina di PMI ha inoltre seguito formazioni nel settore del marketing e della gestione.
• Le autorità e le organizzazioni della società civile bulgare, rumene e svizzere hanno collaborato nella lotta alla tratta di esseri umani. La loro cooperazione ha permesso di migliorare la prevenzione e la protezione delle vittime e di aiutare le persone coinvolte a reintegrarsi nella società.

Dopo dieci anni di intensa collaborazione con la Bulgaria e la Romania, la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) e la Segreteria di Stato dell’economia (SECO), in qualità di unità amministrative competenti, sono soddisfatte dei risultati raggiunti. I progetti hanno contribuito in molti modi a ridurre le disparità economiche e sociali nell’UE allargata, a risolvere le sfide transnazionali e a rafforzare le relazioni bilaterali.

Una stretta cooperazione bilaterale
La Svizzera ha concordato tutti i 93 progetti a livello bilaterale con gli Stati partner coinvolti. La Bulgaria e la Romania hanno presentato proposte che la Svizzera ha verificato, per poi decidere in merito al relativo finanziamento. In questo modo si è potuto garantire che i progetti coincidessero con le priorità e le strategie dei Paesi partner. Nella selezione dei progetti si è anche tenuto conto degli ambiti in cui la Svizzera è in grado di apportare un particolare valore aggiunto grazie al suo know-how. I progetti della DSC in Bulgaria e Romania sono stati gestiti da istituzioni svizzere specializzate nei settori della sicurezza, della formazione professionale, della società civile, della salute e dell’integrazione dei Rom, che hanno messo a frutto le competenze svizzere laddove gli enti locali non disponevano delle conoscenze necessarie. Tra istituzioni bulgare, rumene e svizzere sono inoltre nati circa 200 partenariati e sono state finanziate più di 40 collaborazioni nel campo della ricerca.

La responsabilità dell’attuazione dei progetti è spettata ai Paesi partner, che ogni sei mesi hanno informato la Svizzera in merito ai progressi compiuti e ai servizi fatturati. Di norma, la Svizzera si è assunta l’85 per cento dei costi dei progetti e la restante parte è stata a carico dei Paesi partner. Per seguire da vicino le attività, la Svizzera ha aperto un ufficio a Bucarest e a Sofia, e ha affidato mandati anche a esperti ed esperte esterni che, forti delle loro conoscenze specialistiche, hanno verificato gli studi di fattibilità, la documentazione di gara e i servizi forniti in loco. Grazie a questi meccanismi di controllo, la DSC e la SECO hanno potuto garantire un impiego efficiente e corretto dei fondi.

Contesto
Nel 2004 dieci Stati hanno aderito all’Unione europea: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Nel 2007 anche la Bulgaria e la Romania sono diventate membri dell’UE, seguite, nel 2013, dalla Croazia.

La Svizzera ha riconosciuto nell’adesione di questi Stati un passo importante verso una maggiore sicurezza, stabilità e benessere sul continente europeo. Il nostro Paese ha beneficiato anche a livello politico ed economico dell’estensione degli accordi bilaterali con l’UE ai nuovi Stati membri, pertanto nel 2006 ha deciso, con una votazione popolare, di partecipare ai costi dell’allargamento a Est dell’UE con un contributo di solidarietà.

A seguito di ciò, il Parlamento ha approvato un credito quadro di 1 miliardo di franchi a favore dei primi dieci Stati membri dell’Unione europea allargata. Nel 2009 ha poi stanziato un secondo credito quadro di 257 milioni di franchi destinato alla Bulgaria e alla Romania. Infine, nel 2014, ha autorizzato un contributo di 45 milioni di franchi per la Croazia, l’ultimo Paese ad aver aderito all’UE. Con la realizzazione dei progetti in Bulgaria e Romania si conclude la cooperazione con 12 dei 13 Paesi che la Svizzera ha sostenuto a partire dal 2007. Solo in Croazia i progetti del contributo all’allargamento si protrarranno fino al 2024.

Il 3 dicembre 2019 il Parlamento svizzero ha approvato i crediti quadro per un secondo contributo svizzero ad alcuni Stati membri dell’UE, un passo importante e un chiaro segnale che la Svizzera intende continuare a contribuire alla stabilità, alla sicurezza e al benessere in Europa. Il Parlamento ha però anche deciso che non verrà contratto alcun impegno sulla base dei crediti quadro se e fintantoché l’UE adotterà misure discriminatorie nei confronti del nostro Paese. Questo significa concretamente che la Svizzera non firmerà alcun accordo bilaterale con i Paesi partner per l’attuazione del secondo contributo fino a quando esisteranno misure discriminatorie da parte dell’UE.


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