«La Svizzera è un ottimo esempio di buon rapporto tra cittadini e governo»
Il presidente del Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa Leendert Verbeek ha visitato la Svizzera dal 30 aprile al 3 maggio per scoprire il federalismo svizzero dal vivo. Ci sono esperienze fatte durante la sua visita che ora potrebbe applicare con profitto nei Paesi Bassi e nel Congresso? Ecco cosa ci ha risposto.
Il presidente del Congresso Leendert Verbeek riferisce sul suo primo viaggio ufficiale in Svizzera. © DFAE
Signor Verbeek, questa è la sua prima visita ufficiale in Svizzera. Qual era il Suo rapporto con la Svizzera e che immagine aveva del nostro Paese e della sua democrazia locale e regionale prima di questo viaggio?
In molti miei discorsi esamino il nesso tra la cultura di un Paese, la mentalità del suo popolo e il modo in cui applica la democrazia sul suo territorio. La Svizzera ha uno stile di democrazia proprio che la rende unica.
Peculiare è anche la sua geografia: un Paese situato in mezzo ad alte montagne e suddiviso in numerosi Cantoni. Una situazione del tutto diversa da quella dei Paesi scandinavi, dei Paesi del Sud, dell’Est o anche dei Paesi Bassi, che sono piatti e divisi in varie province. Una differenza che rende la Svizzera un Paese affascinante e che si riflette nel suo modello democratico.
Domenica ha visitato una Landsgemeinde a Glarona. Quali sono state le Sue impressioni?
Conoscevo il sistema, ma assistervi di persona è chiaramente diverso. C’erano 8000-10’000 persone nel "Ring" ed è stato interessante vedere la partecipazione molto attiva delle cittadine e dei cittadini glaronesi, più o meno giovani, durante i dibattiti. Per ogni argomento hanno preso la parola diverse persone e in alcuni casi il risultato delle votazioni è stato molto risicato. Al termine di ogni votazione veniva annunciato l’esito. Le persone comunicano molto anche attraverso il linguaggio del corpo e le espressioni del viso. Si aveva la sensazione che fossero molto soddisfatte di aver compiuto la loro missione democratica.
In molti casi la Svizzera è citata come buon esempio di democrazia diretta. L’ultimo rapporto di monitoraggio del Congresso descrive il suo modello come «particolarmente positivo». In quali ambiti specifici la Svizzera può fornire un contributo particolare alle attività del Congresso?
La Svizzera rappresenta un ottimo esempio di democrazia, che tuttavia non è replicabile. Inoltre, è un ottimo esempio dell’intenso e continuo rapporto tra cittadini e governo. In ogni Stato la questione del rapporto tra governo e popolazione è prioritaria e ci si chiede come comunicare con le cittadine e i cittadini, come spiegare loro le ragioni alla base di decisioni a volte difficili. Il modello svizzero si basa su un assunto piuttosto semplice: le decisioni vengono accettate dalla popolazione perché anch’essa partecipa ai processi e ai dibattiti, può ascoltare le argomentazioni e viene coinvolta nel momento in cui si prendono le decisioni. Comprendere questo sistema fa parte della cultura del popolo svizzero.
Nella mia provincia di Flevoland, nei Paesi Bassi, che ha una popolazione di 420’000 abitanti, sarebbe impossibile riprodurre una Landsgemeinde. Se organizzassimo un evento simile a livello locale, verrebbero in pochi, perché non fa parte della nostra cultura. Per farlo dovremmo ridurre le dimensioni delle province, ma come sappiamo la tendenza di oggi è creare province e regioni sempre più grandi. Dobbiamo quindi trovare altre soluzioni per vivere la democrazia.
E dove individua invece un potenziale di miglioramento?
Sempre l’esempio di Glarona ci fornisce spunti sui lati migliorabili. Le 8000-10’000 persone riunitesi domenica rappresentano circa il 50 per cento degli aventi diritto al voto. Mancava quindi l’altra metà. Cosa pensa questo altro 50 per cento? Il governo di un Cantone dovrebbe trovare il modo di conoscere l’opinione delle persone che non hanno partecipato alla Landsgemeinde e anche capire le ragioni della loro assenza. Si tratta di una questione molto delicata che va affrontata.
Dove coglie somiglianze e differenze tra la democrazia locale e regionale nel Suo Paese – i Paesi Bassi – e in Svizzera?
Vedo molte somiglianze, ma più in generale con i Paesi dell’Europa occidentale, di cui i Paesi Bassi fanno parte. Le persone che vivono in questa regione, compresa la Svizzera, hanno una visione molto chiara. Non hanno paura di esprimere le loro opinioni. Parliamo di una cultura millenaria che si è evoluta nel tempo. Le persone fanno sentire la loro voce ed esprimono le loro opinioni senza mezzi termini. È nel comportamento delle persone, nella loro apertura, nella loro volontà di discutere e cercare un compromesso, ma anche nella loro capacità di accettare il disaccordo, che intravedo parallelismi tra la Svizzera e i Paesi Bassi. A volte si vince, a volte si perde, è così che vanno le cose.
Lei è commissario del re nella provincia di Flevoland. Quali esperienze fatte nel quadro del Suo mandato europeo può applicare proficuamente nel Suo Paese?
Grazie alla mia esperienza e agli anni di servizio nel Congresso ho una visione più ampia di ciò che accade all’estero e, rispetto al passato, ho acquisito una maggiore capacità di analizzare il nostro tipo di democrazia, il suo funzionamento, le abitudini consolidate, le regole informali su cui poggia. In tempi normali non vi si pensa, all’interno del proprio Paese. È il confronto con altri sistemi che ci consente di acquisire maggiore consapevolezza del nostro.
A Glarona, per esempio, le tante persone con cui ho parlato mi hanno dato l’impressione di essere molto consapevoli dei loro valori, ma poco preoccupate di quello che succede al di fuori del proprio Cantone.
L’aggressione militare della Russia nei confronti dell’Ucraina è un tema costante anche nelle questioni affrontate dal Congresso. Che impatto ha questa situazione sulla missione del Congresso e sul Suo lavoro?
Il Consiglio d’Europa è stato creato dopo la Seconda guerra mondiale con la missione di prevenire, e non di gestire, le guerre. Siamo riusciti a mantenere la pace per almeno 70 anni, il che è sicuramente un successo in sé. Ma oggi abbiamo fallito, non siamo riusciti a evitare il conflitto. I dibattiti politici e le discussioni con i rappresentanti ucraini e russi non sono serviti. La Russia ha attaccato per ragioni strategiche sue.
Il comportamento della Russia è contrario a tutti i valori del Consiglio d’Europa. Da parte nostra, non siamo riusciti a coinvolgere la Russia nelle nostre discussioni. È quindi giunto il momento per il Consiglio d’Europa di ridefinire la sua posizione, la sua missione e il suo ruolo nonché i mezzi e le risorse per agire. Noi del Congresso ci uniamo alle voci che chiedono un vertice tra capi di Stato e di governo. Il dibattito può essere condotto al più alto livello politico. È necessario ripensare la missione e le attività del Consiglio d’Europa e stabilire un’agenda per i decenni a venire.
In quali ambiti il Congresso può fornire un sostegno speciale all’Ucraina e quali iniziative specifiche ha già promosso?
Un passo importante è stato far capire alla Russia che questa guerra è inaccettabile. L’integrità di un Paese membro del Consiglio d’Europa non può essere messa in discussione. L’effetto dell’invasione è che gli altri Stati membri sono ora molto più uniti che in qualsiasi altro momento storico.
L’Ucraina rimane naturalmente un membro del Consiglio d’Europa e del Congresso, quindi stiamo organizzando, soprattutto a livello del Congresso, ogni attività possibile per sostenere l’Ucraina. Dialoghiamo con i sindaci, il Governo e il Parlamento. Abbiamo creato la piattaforma ’www.cities4cities.eu’ per scambiare conoscenze, annotare le domande e creare collegamenti tra le città disposte a sostenere queste attività. Si tratta di fornire aiuti umanitari, generatori, macchinari e dispositivi medici, ma anche di condividere l’esperienza in materia di continuità operativa per garantire i servizi comunali di base anche in tempo di guerra.
È poi interessante vedere quanto sia importante mantenere i contatti sia con il presidente dell’Ucraina sia con tutti i rappresentanti locali. Le discussioni sono più mirate?
Sì, esatto. È interessante vedere come si evolvono i ruoli dei rappresentanti, per esempio dei sindaci, all’interno del Congresso in tempi di guerra. Non potremmo organizzare aiuti specifici e mirati senza il sostegno delle autorità locali e regionali. Ma non sono tutte rose e fiori.
Di recente, per esempio, abbiamo avuto un incontro con membri del consiglio municipale di Kyiv sulle loro discussioni in merito al ruolo dell’esercito. Ci si chiede infatti quali siano le responsabilità dell’esercito e dei consigli locali, e quali decisioni spettino ancora al sindaco e al consiglio municipale, anche in tempo di guerra, ma anche cosa succederà nella fase post-bellica. La gente e i rappresentanti locali avranno bisogno del nostro aiuto quando giungerà il momento di ristabilire le istituzioni e le procedure democratiche.
Il Congresso dei poteri locali e regionali del Consiglio d’Europa
Il Consiglio d’Europa, che ha sede a Strasburgo, è la più vecchia istituzione intergovernativa in Europa. Il suo compito principale è tutelare e promuovere i diritti umani, la democrazia e lo Stato di diritto.
Il Congresso dei poteri locali e regionali è uno dei pilastri istituzionali del Consiglio d’Europa, accanto al Comitato dei Ministri, all’Assemblea parlamentare e alla Corte europea dei diritti dell’uomo. Il Congresso è un organo consultivo composto da 612 rappresentanti eletti di 46 Paesi (306 membri titolari e 306 supplenti) che si prefigge di assicurare l’applicazione dei principi contenuti nella Carta europea delle autonomie locali, coordinare le missioni di osservazione delle elezioni locali e regionali e fornire consulenza ad altri organismi in materia di politica locale e regionale.